domenica 28 dicembre 2014



REGOLA QUARTA DELLA PREGHIERA

La preghiera è soprattutto esperienza di amore.
“Gesù si gettò a terra e pregava: « Abba, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu" (Mc. XIV, 35)
E’ soprattutto esperienza di amore, perchè esistono tante gradualità nella preghiera: se la preghiera è solo un discorrere con Dio, è preghiera, ma non è la migliore preghiera. Così se ringraziate, se implorate è preghiera, ma la preghiera migliore consiste nell’amare. L’amore ad una persona non sta nel parlare, nello scrivere, nel pensare a quella persona. Sta soprattutto nel far qualcosa volentieri per quella persona, qualcosa che costi, qualcosa a cui quella persona ha diritto o attende, o almeno gradisce molto.
Finchè a Dio parliamo soltanto diamo ben poco, non siamo ancora nella preghiera profonda.
Gesù ha insegnato come si ama Dio “Non chi dice: Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio... “.
La preghiera dovrebbe essere sempre per noi un confronto con la sua volontà e dovrebbe maturare in noi le decisioni concrete per la vita. La preghiera così più che un “amare” diventa un “lasciarsi amare da Dio “. Quando arriviamo a compiere fedelmente la volontà di Dio, allora amiamo Dio e Dio può ricolmarci del suo amore.
“Chi fa la volontà del Padre mio, questi mi è fratello, sorella e madre “.(Mt. XII, 50)


Consigli pratici
Legare spesso la preghiera a questa domanda:
Signore, che cosa vuoi da me? Signore, sei contento di me? Signore, in questo problema, qual è la tua volontà? “. Abituarci a scendere sempre nella concretezza:
lasciare la preghiera con qualche decisione ben precisa per migliorare qualche dovere.
Preghiamo quando amiamo, amiamo quando diciamo qualcosa di concreto a Dio, qualcosa che lui attende da noi o che gradisce in noi. La preghiera vera comincia sempre dopo la preghiera, dalla vita.