sabato 2 settembre 2017

“Fra Gerusalemme e Roma”, la speranza per un dialogo sincero - La Stampa

“Fra Gerusalemme e Roma”, la speranza per un dialogo sincero - La Stampa: "Alla fine del mese di agosto 2017 Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano la visita ufficiale di una rappresentanza del Rabbinato europeo, americano e del Gran Rabbinato di Israele. Il motivo dell’incontro è stata la consegna di un documento quale «risposta ufficiale» delle più importanti tradizioni rabbiniche alla dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II. Si tratta di un documento in lingua inglese denominato “Fra Gerusalemme e Roma” che porta la data del febbraio 2016 ed è stato reso pubblico agli inizi del 2017. Nell’incontro con Papa Francesco il 30 agosto 2017 a introdurre la consegna di questo importante documento è stato il rabbino Pinchas Goldschmidt, capo dei Rabbini di Mosca e presidente della Conferenza dei Rabbini europei. Nel suo indirizzo Goldschmidt ha riconosciuto che tra Cattolici ed Ebrei «si sta attraversando un fecondo momento di dialogo». Papa Francesco ha risposto che grazie alla dichiarazione Nostra Aetate «negli ultimi decenni ci siamo potuti avvicinare dialogando in modo efficace e fruttuoso; abbiamo approfondito la nostra conoscenza reciproca e intensificato i nostri vincoli di amicizia».  

 
La dichiarazione “Fra Gerusalemme e Roma” è un documento prezioso che indica l’apprezzamento del mondo religioso ebraico per l’atteggiamento concreto della Chiesa cattolica, grazie all’apertura del Concilio e l’impegno dei pontefici da Paolo VI ai suoi successori. Fu Paolo VI appunto che istituì nel 1974 la Pontificia Commissione per le relazioni con le religioni, grazie alla quale molti preconcetti si sono superati. Ciò viene riconosciuto anche dal documento che esprime la gratitudine per la dichiarazione conciliare e soprattutto per la ricaduta sull’impegno della Chiesa cattolica nei confronti del mondo ebraico.  
 
“Fra Gerusalemme e Roma” riporta senza mezzi termini la diffidenza e l’atteggiamento scettico che vi fu da parte dei leader ebraici nei confronti «dell’apertura della Chiesa cattolica - dopo la Nostra Aetate - verso la Comunità ebraica». La ragione che viene riportata sta nella «lunga storia tra la Chiesa e l’anti-giudaismo» dove il Popolo Ebraico nella sua totalità veniva indicato come responsabile della morte di Cristo Gesù.  
 
Proprio i Padri del Concilio Vaticano II, dopo la decisione di San Giovanni XXIII di togliere dalla preghiera del Venerdì Santo l’appellativo«perfidi» rivolto agli Ebrei, affermarono che “se è vero che le autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperati per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi nè agli Ebrei del nostro tempo” (N. A. n. 4). E questa convinzione è divenuta concreto stile nel dialogo con gli Ebrei. La Chiesa del post-Concilio ha ripetutamente affermato con San Giovanni Paolo II che «l’antisemitismo è un peccato contro Dio e contro l’umanità». 
 
Il documento del Rabbinato ortodosso ha riconosciuto ed apprezzato il modo con cui la Chiesa cattolica si pone nel dialogo con gli Ebrei ed anche con il riconoscimento dello Stato d’Israele. Quest’ultimo atteggiamento è stato valutato come il superamento di una convinzione che il Popolo Ebraico sarebbe stato errante senza una sua terra. La dichiarazione “Fra Gerusalemme e Roma” dona anche una speranza per un dialogo sincero che sta in questa affermazione: «Nonostante le inconciliabili differenze teologiche, noi Ebrei vediamo i Cattolici nostri compagni, alleati vicini, amici e fratelli nella nostra comune ricerca per un mondo migliore, benedetto dalla pace, dalla giustizia e dalla sicurezza». 
 
Questo documento del Rabbinato è stato accolto con soddisfazione da coloro che nelle varie Chiese particolari si impegnano nel dialogo interreligioso. Questo è il frutto del ostante e paziente dialogo nonostante più o meno palesi reticenze da ambo le parti. Paolo VI già nell’Ecclesiam Suam, al cosiddetto secondo cerchio per i credenti in Dio indica il dialogo con «i figli, degni del nostro affettuoso rispetto, del Popolo ebraico, fedeli alla religione che noi diciamo dell’Antico Testamento», come importante e possibile nel «rispettoso riconoscimento di valori spirituali e morali» (E.S. n.60).  
 
È proprio secondo questo spirito che la Chiesa cattolica intende continuare il dialogo con gli Ebrei con i quali certamente vi sono «profonde differenze teologiche [però] Cattolici ed Ebrei condividono il Credo comune nell’origine divina della Torah, nella convinzione di un’ ultima redenzione e ora anche nell’affermazione che le religioni devono usare la loro forza morale ed educazione religiosa a dire no alla guerra, alla coercizione …. a trovare altre vie che ci permettono insieme di migliorare il mondo». 
 
Se questi sono i presupposti sottoscritti dal Rabbinato Ortodosso, la Chiesa cattolica non può che condividerli e porsi in leale collaborazione per un mondo di giustizia, misericordia e pace. "


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