venerdì 9 ottobre 2015

Mons. Solmi: politici cattolici non cedano a logiche partito su famiglia

Mons. Solmi: politici cattolici non cedano a logiche partito su famiglia: "I cattolici in politica non cedano a logiche di partito e facciano obiezione di coscienza: così mons. Enrico Solmi, già presidente della Commissione Cei per la famiglia, sul nuovo ddl Cirinnà 2 in materia di unioni civili che equiparerebbe le unioni omosessuali al matrimonio aprendo all’adozione e alla pratica dell’utero in affitto. Il presule, presente al Sinodo in Vaticano, fotografa, al microfono del nostro inviato Paolo Ondarza, le sfide pastorali relative alla famiglia in Italia:


R. – Noi abbiamo un mondo giovanile che vuole fare famiglia, che vuole generare ma che è messo in una condizione difficile a fare questo. L’altro grande tema è quello della demografia. L’Italia sta vivendo un’implosione demografica che a mio parere costituirà la sua fine, se non ci saranno delle prese di posizione molto forti. Il compito della Chiesa è vedere queste sfide con gli occhi del Signore – e soprattutto anche affidati a una Chiesa che finalmente pone la famiglia non al suo interno, per così dire, dandole spazio, ma nel suo dna. E questo comporta certamente un cambio di mentalità e una pastorale differente.

D. – Restando in Italia, si dibatte proprio in queste ore il disegno di legge in tema di unioni civili che sembra approdare al Senato con poche modifiche rispetto all’originario ddl Cirinnà; in particolare, preoccupa il discorso della “step-child adoption” e la conseguente possibilità del ricorso all’utero in affitto …

R. – Sì: siamo davanti a questa palese contraddizione. Da un lato, si esprime simpatia – almeno teorica – nei confronti della famiglia e una lieve preoccupazione demografica; dall’altro, si fanno azioni che vanno esattamente nella direzione opposta alla famiglia: perché riconoscere i dritti delle persone che hanno tendenza omosessuale, che desiderano vivere insieme è certamente una cosa giusta; persone in quanto tali hanno diritto, e qui il codice civile dovrebbe anche modularsi, su queste richieste. Ma far sì che questo sia di fatto, in modo a volte purtroppo surrettizio, un altro matrimonio con la possibilità di adottare, significa collocare accanto alla famiglia costituzionale e naturale un altro genere di famiglia, con questo grande punto interrogativo: è un tipo di famiglia che di fatto arriva a essere promotore di una sorta di colonialismo ideologico rinnovato. Mi riferisco all’utero in affitto: sappiamo molto bene che riguarda i Paesi del Terzo Mondo: le persone povere non vengono più, a questo punto, private soltanto di un qualcosa di esteriore quali le materie prime o quant’altro, ma vengono private di qualcosa di intimo, della dignità della dimensione materna. Siamo quindi veramente davanti a un obbrobrio. E questo viene in qualche modo promosso attraverso queste forme che, di fatto, si manifestano come un ulteriore matrimonio. Questa è una strada che porterà il nostro Paese a una difficoltà ulteriore di carattere antropologico, sociale e civile.

D. – E qual è la risposta dei cattolici, impegnati in politica, impegnati civilmente e socialmente?

R. – I cattolici impegnati in politica debbono essere molto attenti alla loro coscienza: non dev’essere semplicemente una dinamica di schieramento di partito. I cattolici debbono fare appello a una coscienza retta e vera: retta significa sincera, dove realmente devono mettersi davanti alla loro responsabilità;  vera significa in ordine al dato antropologico, che è quello di riconoscere il matrimonio come detta la Costituzione. Non è più il momento di nascondersi: è il momento di uscire e anche di fare una sorta di obiezione di coscienza all’interno dei loro gruppi. Siamo veramente davanti a un momento di grande e altissima responsabilità. I cattolici impegnati in politica non potranno più dire poi, successivamente, a fronte di conseguenze che io ritengo veramente letali, che loro non avrebbero potuto fare nulla. Adesso è il momento di prendere posizione, di dare atto a gruppi trasversali e di lavorare semplicemente a tutela della famiglia, a tutela anche dei diritti delle persone con tendenze omosessuali ma che sono una cosa e una realtà diversa dalla famiglia. Né ci si può appellare all'articolo 2 della Costituzione (riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo; ndr) senza fare appello agli articoli 29 e 30 (riconoscimento della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio; ndr)."


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