@ Le benedizioni e le processioni delle palme risalgono ai primi tempi del cristianesimo
Ingresso di Gesù a Gerusalemme, affresco trasferito su tela dall'eremo di San Baudelio
di Berlanga (Soria), Indianapolis Museum of Art.
La Domenica delle Palme, ufficialmente Domenica delle Palme e della Passione del Signore, segna l’inizio della Settimana Santa, che commemora l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme prima del suo arresto, della crocifissione e della resurrezione. Nella maggior parte delle chiese, le palme vengono benedette e usate nelle processioni, ma il cuore della liturgia è la lunga lettura della Passione, spesso interpretata dal sacerdote, dai lettori e da tutta la congregazione. È in questa lettura che troviamo i passi del Vangelo di Matteo che narrano come dei rami di palma vennero stesi davanti a Gesù e venivano sventolati mentre entrava in città. L’iconografia cristiana avrebbe poi usato l’immagine dei rami (o delle foglie) di palma per rappresentare la vittoria dei martiri, con Gesù stesso come martire per eccellenza. Dopo la liturgia, i cattolici portano le palme a casa come sacramentali. L’anno successivo verranno bruciate per servire come ceneri per il Mercoledì delle Ceneri. Ma da quanto tempo i cristiani hanno incluso le palme nella loro commemorazione liturgica dell’inizio della Settimana Santa?
Secondo i registri, nell’VIII secolo la liturgia della Domenica della Passione era piuttosto elaborata. La gente portava le palme in una prima chiesa in cui aveva inizio la liturgia, si recava in processione fino a una seconda chiesa nella quale avveniva la benedizione delle palme e poi tornava alla prima, dove tre diaconi leggevano (in realtà cantavano) la Passione. Ovviamente, gli aggiornamenti successivi della liturgia hanno modificato questa celebrazione nel corso di secoli, per arrivare alla forma canonica di oggi.
C’è un documento ancora più antico da cui emerge che verso il IV secolo le comunità cristiane celebravano la Domenica delle Palme in questo stesso modo, ovvero recandosi in processione da una chiesa all’altra. Il documento, il famoso Itinerarium Egeriae (Diario di Viaggio di Egeria), noto anche come Peregrinatio at Loca Sancta (Pellegrinaggio ai Luoghi Santi), è una lunga lettera indirizzata a un circolo di donne “a casa”.
Sull’identità di Egeria si è ampiamente discusso. Alcuni dei primi editori dell’opera di Egeria l’hanno identificata con Santa Silvia d’Aquitania, altri sostengono che fosse invece una suora che viveva in Gallia durante il regno di Giustiniano, perché rivolge il racconto alle sue “sorores” (“sorelle” in latino), ma il termine era anche usato popolarmente dai cristiani per riferirsi ai loro conoscenti cristiani. Potrebbe anche essere stata una laica, visto che allora questo tipo di pellegrinaggi non era raro. Il fatto che Egeria sia stata in grado di affrontare un viaggio tanto lungo e costoso (insieme al suo modo elegante di scrivere e alla sua estesa conoscenza) ha portato alcuni studiosi a pensare che potesse essere una donna abbiente della sua epoca. I suoi scritti descrivono i viaggi che ha compiuto in Terra Santa, cominciando dal Monte Sinai per finire a Costantinopoli, con un soggiorno di tre anni a Gerusalemme.
Fu proprio a Gerusalemme che Egeria vide le prime celebrazioni della Domenica delle Palme. Ecco il suo racconto:
Il giorno dopo, ovvero il Giorno del Signore, che dà inizio alla settimana pasquale che qui chiamano la Grande Settimana, quando tutti i servizi ordinari dal canto del gallo al mattino hanno avuto luogo all’Anastasi e alla Croce, procedono al mattino secondo il costume verso la chiesa maggiore, chiamata martyrium (…) Viene chiamata martyrium perché è sul Golgota dietro la Croce, dove il Signore ha sofferto. Quando nella grande chiesa è stato osservato tutto ciò che è consueto, e prima del congedo, l’arcidiacono leva la voce e dice: “Per tutta la settimana, a cominciare da domani, riuniamoci nel martyrium, ovvero nella grande chiesa, all’ora nona”. Poi leva nuovamente la voce dicendo: “Siamo tutti pronti oggi a Eleona alla settima ora”. Quando nella grande chiesa, ovvero il martyrium, è avvenuto il congedo, il vescovo viene scortato con inni all’Anastasi, e dopo che vi sono state fatte tutte le cose consuete del giorno del Signore, dopo il congedo dal martyrium, ciascuno si affretta ad andare a casa a mangiare, di modo che tutti possano essere pronti all’inizio della settima ora nella chiesa di Eleona, sul Monte degli Ulivi (…).
E quando si avvicina l’ora nona, si recano cantando inni all’Imbomon, ovvero il luogo da cui il Signore è asceso al cielo, e si siedono lì, perché tutti si devono sempre sedere quando il vescovo è presente; solo i diaconi restano in piedi. Vengono recitati inni e antifone adatti al giorno e al luogo, intervallati da lezioni e preghiere. Quando si avvicina l’undicesima ora viene letto il passo del Vangelo e i bambini, portando rami e palme, vanno incontro al Signore dicendo: ‘Benedetto Colui che viene nel nome del Signore’. Il vescovo si alza immediatamente, e tutta la gente con lui, e si scende a piedi dalla cima del Monte degli Ulivi. Tutti vanno davanti a lui recitando inni e antifone, rispondendo: ‘Benedetto Colui che viene nel nome del Signore’. E tutti i bambini del quartiere, anche quelli troppo piccoli per camminare, vengono portati dai genitori sulle spalle, e tutti tengono in mano dei rami, alcuni di palma e altri di ulivo, e così il vescovo viene scortato allo stesso modo in cui lo è stato il Signore”.